Il diritto alla Vita
Milioni di bambini al mondo sono privi dei mezzi sufficienti per essere curati se si ammalano, per andare a scuola, per avere una formazione professionale, e non godono del loro diritto alla protezione e all’affetto di una famiglia o comunque di persone adulte, per crescere, per potersi esprimere e per essere ascoltati.
Un bambino privo di mezzi non è una fatalità, non è più (o lo è raramente al giorno d’oggi) la conseguenza di una catastrofe naturale, è piuttosto la conseguenza di catastrofi provocate dall’uomo, conseguenza dell’ineguaglianza e dell’ingiustizia nei rapporti umani.
Ingiustizia, violenza, indifferenza e quanto ancora deve sopportare l’essere umano, quello più indifeso, con “meno diritti”, come se il diritto alla vita, alla giustizia fosse solo per pochi…
La demografia di alcuni paesi del mondo, la disparità di crescita in confronto ai paesi ricchi, sono pesanti ed annunciate; le conseguenze balzano immediatamente agli occhi, per la determinazione che avranno nell’avvenire della nostra società, e quindi per ognuno di noi.
La nostra responsabilità individuale deve mobilitare direttamente l’umanità.
Noi siamo quindi individualmente responsabili del nostro silenzio e del nostro non agire davanti alla violazione dei diritti più elementari di tutti gli esseri umani e del bambino in particolare, cioè colui che non ha nessuna colpa e che non ha chiesto nulla, così come niente può giustificare le sofferenze che gli vengono inflitte.
La nostra società usa sempre di più la nozione di “diritto, tutela dell’infanzia e delle generazioni future”: ma queste generazioni future sono i bambini di oggi i cui diritti devono essere rispettate oggi e non domani.
Le organizzazioni umanitarie definiscono la loro azione dall’incontro con il bambino, e non secondo la filosofia della società o da un’ideologia applicata al terzo mondo. Perché davanti ad un bambino abbandonato, un bambino abusato o orfano, tutti i bei discorsi divengono accademici. Ma cosa si deve privilegiare, l’urgenza o lo sviluppo?
Per noi è chiaro: il bambino vive l’immediato. Non può aspettare che i problemi del terzo mondo vengano risolti. Bisogna intervenire e dare sollievo alla sua sofferenza presente, ma bisogna anche costruire il suo avvenire in seno alla sua comunità naturale.
L’azione umana tra esseri umani, non è e non deve essere un potere di pochi. E’ un servizio, che prende la sua forza dalla coscienza di ciascuno di noi e dalla volontà di non restare a guardare, anche se indignati, e anche se abbiamo tutti i sentimenti di impotenza e di una certa fatalità.
I nostri progetti sono creati con obiettivi a lungo termine, perché è nell’avvenire di ciascun bambino incontrato che bisogna ricostruire.
Spesso non vi è nulla di “spettacolare” in questi programmi, se non che si lavora per costruire il futuro della nostra società.
L’umanità e la professionalità, il cuore e la competenza sono indissociabili.
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